Non di solo PIR vive l’uomo

E’ da circa 6 mesi che andando dai miei clienti mi dicono di aver sentito parlare di una operazione molto interessante soprattutto per i vantaggi di natura fiscale.
Già sapevo di cosa stavano parlando, questo perché si è fatto un gran parlare dei “Piani Individuali di Risparmio”, sia dal telegiornale che dai giornali.

Per questo, la prima domanda al quale voglio dare risposta è:
Ma che cosa è un PIR?

I Piani individuali di risparmio hanno visto la luce con lo scopo di convogliare il risparmio degli investitori verso le piccole e medie imprese italiane a fronte di interessanti vantaggi in termini fiscali.

Caratteristiche principali dei PIR (non si pagano le tasse sui guadagni se detenuti per almeno 5 anni):
30.000 € Investimento massimo PIR annuale;
150.000 € Investimento massimo PIR totale;
70% del patrimonio del PIR investibile in titoli di imprese italiane o europee con stabile organizzazione in Italia (30% su titoli di imprese ex-FTSEmib o indice equivalente, SMALL & MID CAP);
30% del patrimonio del PIR investibile in qualsiasi strumento senza vincoli;
10% del patrimonio del PIR limite di concentrazione per emittente.

Le agevolazioni fiscali sono tra le maggiori attrattive dei PIR, infatti, nel rispetto di determinate condizioni, concedono l’esenzione totale dalle imposte sui redditi generati dall’investimento stesso e dalla tassa di successione (venuto a mancare il sottoscrittore). Questa esenzione è da considerarsi a condizione che gli investimenti siano mantenuti per 5 anni.
Si può sempre disinvestire prima del termine, ma in tal caso il beneficio fiscale si perde e le tasse vengono pagate.
Il vantaggio, comunque, è che ai PIR si applica un’aliquota pari allo 0% sui guadagni, per meglio capire, se investo 30.000 € oggi e alla fine dei 5 anni il loro controvalore è di 40.000 €, non pagherei il 26% sul guadagno di 10.000 € (2.600 €).
È importante, tra l’altro, sottolineare che gli investimenti in questione possono essere effettuati in modo indiretto, tramite fondi comuni italiani o esteri (SICAV incluse).Quello che mi preme sottolineare è che i PIR dovrebbero aiutare gli italiani ad investire con un orizzonte temporale più lungo rispetto alla media attuale di 2,6 anni, portando benefici a se stessi, al mercato e all’economia.

ATTENZIONE:
è vero che i PIR hanno dei vantaggi ma occhio alle commissioni d’ingresso che si attestano su un valore medio del 2-3% e potrebbero vanificare l’eventuale vantaggio fiscale sui guadagni.

RISULTATI ALTRI PAESI (per i cugini dei PIR):
in Francia i PEA, nati nel 1992, contano circa 120 miliardi di euro di masse in gestione mentre nel Regno Unito gli ISA, nati nel 1997, gestiscono circa 518 miliardi di sterline.
In Francia hanno finanziato molte small e mid cap anche se ora gli investimenti in tali strumenti sono diminuiti.
Differente invece la situazione inglese che vede gli ISA in crescita con una raccolta annua di circa 12.5 milioni, infatti circa il 43% della popolazione adulta detiene un ISA (oltre 21 milioni di persone).
L’esperienza straniera ci fa ben sperare visto che in questi anni potrebbe affluire molta liquidità nel mercato delle piccole e medie imprese italiane.

Ma questi PIR allora si devono fare o no?
Per tali strumenti sono favorevole ma con delle riserve:
• Investire con consapevolezza: non posso investire tutti i miei risparmi su tali prodotti o una percentuale elevata, per questo opterei per il 5/10% del portafoglio;
• C’è un tempo dell’investimento che è di 5 anni e se voglio il beneficio fiscale devo rispettarlo;
• Ricordo sempre che è un investimento rischioso con una oscillazione del valore molto elevata;
• C’è una forte scommessa sul mercato italiano e quindi sul PIL italiano che, giusto per darvi qualche dato, rappresenta l’1% del PIL mondiale.

Prendete in considerazione la possibilità di investire in PIR con moderazione, ne vale la pena…

Alla prossima…

Foto di apertura: elaborazione personale

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